
"Die Vision ist also nicht der Christ, der sich am Arbeitsplatz
nicht als solcher zu erkennen gibt, dann aber abends im Kirchgemeindevorstand
sein Christsein zu verwirklichen meint, indem er dem Pfarrer dreinredet."
Dieses Problem ist so alt ist wie die Erbsünde. Der Mensch, der gezwungen
ist sich selbst zu verwirklichen, indem er versucht, „Jemand“ zu sein und wichtige
Dinge zu tun. Dieser „Fluch“ steht über alle Bereiche des menschlichen Lebens,
und ist die Quelle aller Konflikte auch innerhalb der Familien.
Aber Jesus hat für uns diesen Fluch gebrochen. Er hat sich erniedrigt,
hat den Menschen über ihn walten lassen bis zu seinem eigenen Tod. Er hat
gewartet, dass der Vater ihn erheben würde. Nun, als Getaufte, können wir
wieder unser Christsein verwirklichen. Wie? So:
(Entnommen aus: LA FAMIGLIA CHE RAGGIUNSE CRISTO, di M. RAYMOND o. c. s.
o, die Übersetzung kommt so schnell wie möglich… kann jemand helfen?)
TRENT'ANNI SULLA STRADA DEL RE
Nel 1113 l'Abate Stefano Harding
aveva qualche dubbio circa la comprensione di Andrea a proposito della lezione
che aveva cercato d'insegnargli, che cioè doveva guardare a Cristo, quando il
fascino fosse sparito; ma nel 1143 a S. Stefano Harding non poteva restare più
neppure l'ombra del dubbio; perché in quell'anno poteva guardar giù dal cielo e
vedere uno dei suoi figli, che per trent'anni aveva camminato sulla via regale
tracciata da Cristo, senza venir mai meno. Egli deve aver riso sentendo
giungere fino in cielo l'eco delle risposte che Andrea dava a un vecchio
cavaliere. Stefano aveva mandato Andrea insieme a Bernardo e agli altri suoi
fratelli a fondare Chiaravalle. Bernardo l'aveva nominato portinaio del monastero, ed egli rimase
portinaio del monastero dal 1114 al 1144. Tale incarico era peggio
ancora che restare “nelle file”, com'aveva insinuato Stefano. Era ben lungi
dall'essere un superiore; ma Andrea aveva fatto del suo ufficio ciò che Stefano
gli aveva suggerito: una competizione con Gesù Cristo. Andrea non ne faceva un
segreto, e con la sua franchezza fece stupire più d'un visitatore.
Nel 1143 un nobile signore
attempato, dal passo lento ma sicuro e dal portamento eretto, dai modi rudi e
autoritari che rivelavano il cavaliere, bussò alla porta di Chiaravalle. Fissò
Andrea per un istante e poi domandò: - Mi riconosci?
— Se ti riconosco? - fu la
risposta. - Sì, e ricordo ogni tua particolarità. Miri ancora al cuore per poi
colpire alla visiera?
Il cavaliere rise e stendendo la
mano al monaco disse:
— Andrea di Fontaines, sono
felice di rivederti.
— E Andrea di Chiaravalle non è
affatto spiacente di rivedere Carlo l'Imbroglione. Non vuoi entrare? Per il
momento il nostro Abate è assente...
— Oh! Non voglio disturbarti,
Andrea; sono in cammino per Troyes; ho viaggiato molto oggi e non sono più
giovane come una volta. Sarò riconoscente se il monastero mi può dare
ospitalità per questa notte.
— Per questa notte? Puoi
fermarti una quindicina di giorni, se vuoi. Entra. Sii il benvenuto!
— Grazie. Ma non t'incomoderò
per sì tanto tempo; ad ogni modo, giacché son qui, vorrei farti qualche domanda. La prima è questa:
non ti sei mai pentito d'aver abbandonato la cavalleria?
Carlo intanto era entrato e
s'era seduto, mentre Andrea faceva dei cenni ad un altro monaco perché si
prendesse cura del cavallo del vecchio signore. Ad Andrea venne da ridere,
pensando tra sé che trent'anni non avevano punto cambiato l'arrogante,
spiritoso e sarcastico Carlo. Sapeva che avrebbe dovuto affrontare una serie
interminabile e domande imbarazzanti, a meno di riuscire a mettere l'ospite
sulla difensiva; perciò chiese allegramente:
— Se un cavaliere di Borgogna va
a Gerusalemme e resta là, cessa forse di esser cavaliere? O meglio ancora:
quando Carlo l'Imbroglione va a Troyes, fuori del suo Ducato, cessa di essere
Carlo l'Imbroglione?
— No! - rispose Carlo sicuro; -
ma dove hai intenzione di condurmi?
— Da te. - II tono di Andrea
significava che era preparato ad ogni eventualità, - Mi hai rivolta una domanda
che dimostra che hai dimenticato l'assioma: Una volta cavaliere, cavaliere per
sempre. Io non ho mai abbandonato la cavalleria, Carlo, per la semplice ragione
che la cavalleria non può
essere abbandonata. Essa non è una cerimonia o una semplice armatura di
ferro che si porta esternamente. No! Essa è qualche cosa che cresce
nell'interno, e che, una volta attecchita e maturata, non muore più. Non ti sei
mai accorto, Carlo, che l'investitura a cavaliere è una specie di Battesimo?
Imprime un carattere nell'anima stessa. Naturalmente, come vi sono dei
cristiani che macchiano il loro carattere battesimale o lo lasciano offuscare,
così ci sono dei cavalieri che continueranno a compiere azioni poco
cavalleresche. Ma ciò non vuol dir nulla; l'impronta c'è ancora; resta sempre,
Carlo, a loro onore o a loro disonore. Una volta cavaliere, cavaliere per
sempre.
L'ospite cambiò posizione sulla
sedia, mise un ginocchio sull'altro, appoggiò il mento sulla mano sinistra e
infine disse: - Sì, e una volta tremendo parlatore, tremendo parlatore sempre.
Quand'eri più giovane, eri pronto di lingua, e ora sei... A buon conto quanti
anni hai Andrea?
— A contare gli anni, me ne
mancano giusto due per fare mezzo secolo; ma a tenere conto di tutte le domande
stupide che mi sono state rivolte, dovrei essere di qualche secolo più vecchio
di Matusalemme.
— Vedo, signor Cavaliere, dal
momento che sostieni di essere ancora un cavaliere. E giacché non ti piacciono
le domande stupide, te ne farò una sensata. Non ti trovi pentito d'aver vissuto un'illusione?
Andrea aveva imparato
molte cose nei trent'anni che aveva passati aprendo e chiudendo la porta di
Chiaravalle; ma una delle più importanti fu quella di sapersi far subito un
concetto dei suoi clienti, e di adattarsi pure prontamente a seconda degli
individui, al loro atteggiamento. Aveva conosciuto in precedenza Carlo
l'Imbroglione, e dalle due domande, che questi gli aveva rivolte, capì che la
sua mentalità non era minimamente cambiata. Era ancora un beffardo. Perciò gli
chiese con tutta calma:
— Quale illusione, Carlo?
— Ma questo! Tutto questo! La vita che hai menato. Hai passato qualche anno
in una palude, poi, ti sei sepolto in questa Valle dell'Assenzio, e la dici
vita questa! Ma tu non sei mai vissuto! Questa non è una vita. Quest'è una
morte! Sì, tu sei morto e lo sei da anni. Ogni volta che passo il castello di Fontaines, mi
faccio il segno di Croce, per paura di venir stregato anch'io come te, i tuoi
fratelli e anche il tuo nobil genitore. Oh, quella casa è spiritata tutta
quanta! Dio non ha mai preteso che tu vivessi come sei vissuto. Mai più! Tu, cavaliere prima dei
diciassette anni! E ora... che cosa sei stato in tutti questi anni? Io la chiamo un'illusione per
essere cortese; ma per essere esatto, penso che si tratti di un'aberrazione.
— Hai ragione, Carlo - disse
Andrea con tutta calma. - Aberrazione è, e illusione è stata. Ma, in altre
parole, tu vieni a dire che io e la mia famiglia non siamo altro che una manica
di pazzi. Non è così?
— Ebbene, a dirla schietta, sì!
Che altro potrebbe dire di tutti voi un uomo che ha la testa sulle spalle?
— E i cinquecento e passa monaci
che sono là dentro, nel monastero - domandò Andrea indicando con un gesto gli
edifici più giù nella valle - sono tutti pazzi anche loro?
— Più di cinquecento? - balbettò
Carlo; ma riprendendo subito il suo atteggiamento sprezzante, soggiunse: - Sì,
se erano tutti nobili, com'eravate, tu e io tuoi fratelli.
— E che cosa siamo ora, Carlo?
Dei servi?
— Quel che vuoi, ma nobili no di
certo! I nobili non vivono così. Essi sanno che è Dio che ha stabilito i
diversi gradi della società; ed essi restano nei gradi superiori dove Dio li ha
posti. Questa vita è una degradazione; e Dio non ha mai voluto simili cose.
Egli vuole che ci nobilitiamo, non che ci avviliamo.
— Davvero? - interloquì Andrea.
- E allora come mai c'insegnò una lezione tutta diversa?
— Che vorresti dire? - chiese
Carlo agitandosi sulla sedia.
— Ecco - replicò Andrea
calmissimo; - Gesù ha detto: “Vieni e seguimi”, e quando noi accogliamo il suo
invito, il primo luogo dov'Egli ci conduce è una grotta, rifugio di animali, e
ci mostra Se stesso lì, tra un bue e un asinello. Ricordatelo, Carlo, che il
Bambino di Betlemme è il Dio dei vivi e dei morti.
Andrea ora cominciava ad
accalorarsi. - II secondo luogo, dov'Egli ci condurrà, sarà l'Egitto, una terra
straniera; il che significa che esperimenteremo l'isolamento e l'esilio. Poi,
di ritorno dall'Egitto, ci porterà a Nazaret, e quivi ci tratterrà,
praticamente, per tutta la sua vita. Non hai mai pensato, Carlo, cosa voglia
dire essere un Nazareno? Ciò non indica certo nobiltà come la concepisci tu.
No, ncppur lontanamente! Significa esser guardati dall'alto in basso e disprezzati.
E da questo paese disprezzato dove ci condurrà poi Cristo? Alla Croce dei
malfattori, sulla collina rocciosa chiamata Calvario. Gesù Cristo, Carlo, è nato come un accattone ed è
morto come un ladro. Sai perché? Sai perché? Per mostrare ai cavalieri la via
della vera cavalleria, ai nobili la via alla vera nobiltà e a tutti gli
uomini la via che conduce a Dio! Senti, Carlo: in questi ultimi trent'anni io raramente ho messo
piede fuori di questo monastero e tuttavia io chiamo me stesso un camminatore.
Senti? Un camminatore! Sì, io sono stato, per la maggior parte della mia
vita, un camminatore sulla strada del Re. Chiamala illusione, se ti piace, o
anche aberrazione; ma ammetti che è una felice illusione e una benedetta aberrazione, perché mi
ha fatto inciampare nelle orme del Cavaliere dalla rossa Croce del Calvario,
del Nobile dei nobili, dello stesso Figlio di Dio.
— Oh, stai contando un romanzo!
Che cosa puoi dire di aver guadagnato in trent'anni, o uomo della strada?
— Quello che ha guadagnato Lui,
dopo trentatré anni di viaggio: una coscienza pura, un cuore felice, una
speranza di ricompensa, la soddisfazione di aver compiuto la Volontà del mio
Padre Celeste.
— Parli come un fanatico.
— Parlo come un seguace di Gesù
Cristo, come un cristiano, Carlo. Capisci? Un cristiano, un figlio adottivo di
Dio, un fratello di Colui che viaggiò per i colli della Giudea e scrisse la
storia del suo amore a caratteri di Sangue sul colle che chiamiamo Golgota.
— Storia d'amore! Bah, dammi fatti, non storie!
— Sto parlando del fatto più reale di tutta la storia Gesù
Cristo, il Figlio di Dio ti ha amato, è vissuto per te si fece bambino
per te, andò ramingo per te, divenne il figlio d'un falegname per te,
taumaturgo della Giudea per te, e poi... e poi, Carlo, Egli si lasciò straziare
e ridurre a un cadavere esangue per te! È questa la storia d'amore che fa di
Chiaravalle la dimora della cavalleria, fa della sua illusione e aberrazione
una sapienza, e rende i tuoi disprezzi degni di commiserazione. Ti compatisco,
Carlo. Tu ora sei ben avanzato negli anni, eppure parli come se non conoscessi
né te stesso né Gesù Cristo.
— Non preoccuparti di me - fu
l'altera replica. - Io sto parlando di te. Tuo fratello Bernardo ha combinato qualche cosa. Per lo
meno si è fatto conoscere. Questo genere di vita per lui è quello che ci
voleva. Egli non sarebbe mai stato un cavaliere. Non ha corporatura. Ma tu e
tutti gli altri? Ad ogni modo, che sorta di pazzia s'impossessò di voi per
indurvi a seppellirvi vivi in questo luogo? Non si sente mai parlare di voi.
— Carlo, tu stai usando una
misura falsa. La bravura non si misura con la lancia del cavaliere. No! Gesù
Cristo ha cambiato tutto. Ora c'è solamente una verga di misura; una sola. Ed è
la Croce di Cristo. Bernardo senza la sua fama sarebbe ancora un seguace di
Cristo; io invece, col mio cavalierato, e solamente con quello, avrei anche
potuto non esserlo.
— Ma che ti fa ciò? Sei stato portinaio per trent'anni, hai
detto. Che posizione per il figlio d'un nobile e per un cavaliere della prode
Borgogna! E cosa hai fatto per i tuoi simili?
Andrea guardò fuori della
finestra per vedere fin dove il sole proiettasse l'ombra del campanile della
chiesa. La vide molto più verso Est di quanto s'aspettava; per cui, volgendosi
rapidamente a Carlo, disse: - È molto più tardi di quanto pensavo. Perciò dovrò
essere molto breve, Carlo, ma spero di non essere oscuro.
— Raramente tu sei oscuro, e
quasi sempre sei breve - osservò il vecchio cavaliere.
— Ebbene - rispose Andrea, - tu
hai fatto delle domande che mi sono molto familiari. Le ho sentite risuonare ad
una ad una nelle mie orecchie, ripercuotersi nel mio cuore; chiamare a
ritirata, domandare una risposta. Ed esse ebbero la loro risposta; perché un
vecchio maestro; mi avvertì un giorno che avrei sentito tutte quelle domande e
m'insegnò dove cercare la risposta. Forse ne hai sentito parlare anche tu; si
chiamava Stefano Harding.
— Ricordo. Era l'Abate di
Citeaux.
— Precisamente. Ebbene, egli mi
disse che quando sarebbero venute simili domande, dovevo guardare la Croce e il
Tabernacolo.; Lo feci e trovai le mie risposte, Carlo, Betlemme era oscura,
Nazaret era oscura, e anche Gerusalemme era relativamente oscura; perché era
Roma la padrona del mondo. Tuttavia Gesù Cristo salvò l'umanità in simile
oscurità. Quando penso a ciò, non m'importa esser sepolto vivo. “Che cosa posso dire d'aver
guadagnato in questi miei anni?” tu domandi. “Nulla!” è la risposta.
Assolutamente nulla! Nulla che tu possa vedere, pesare, misurare e contare. Sì,
io ho custodito questa porta per trent'anni e sul piano materiale ho ottenuto
tanto quanto ha ottenuto Gesù Cristo nei suoi trentatré anni che visse sulla
terra. Ma sul piano spirituale io spero d'aver guadagnato qualche cosa di
simile a quello che ha guadagnato Lui. Sai che cos'è che ha guadagnato, Carlo?
Ebbene, te lo dirò: la salvezza del mondo.
— Che? - balbettò Carlo.
— Sì, precisamente, la salvezza
del mondo è il mio intento; perché, se non sbaglio nell'interpretare il
Vangelo, il mondo vien
salvato da coloro che non fanno nulla! Guarda l'annientamento della
grotta di Betlemme! Guarda l'annientamento dei trent'anni di vita nascosta!
Guarda l'annientamento della Croce! Dov'era Egli e che cosa faceva, quando avrebbe potuto andare
predicando, insegnando e mostrando agli uomini la via per andare a Dio? A
Betlemme, in Egitto, a Nazaret, risponderai. E quando era sulla Croce, che cosa
fece? Predicò forse, insegnò? No! Egli pregò e soffri. Ecco tutto. Discese Egli
dalla Croce, quando i Giudei lo provocarono a farlo? No. Vi rimase, finché vi
mori. E, Carlo, guarda l'oscurità, il silenzio e l'annientamento del
Tabernacolo! Non è spaventoso tutto questo? Eppure Egli salvò l'umanità col suo
Presepio e con la sua Croce e santifica gli uomini col suo Sacramento. Io
cammino sulle sue orme, Carlo. Qui ho silenzio, sofferenza, oscurità e
preghiera. Con Lui, in Lui e per Lui, io sto combattendo per salvare il mondo. Sono un
viandante sulla strada del Re dei re, e come tale, io intendo diventare un
salvatore. Se io sono
vittima d'un illusione, come tu dici, allora Cristo deve essere stato un
sognatore! Penso che nemmeno Carlo l'Imbroglione oserebbe dir questo.
— No! No! - esclamò Carlo in
tutta fretta. - Non dico questo. Mai più. E benché non comprenda appieno quanto
sei venuto dicendo, devo però ammettere che parli come un uomo che è pienamente
convinto della rettitudine della sua posizione..
— Tu non comprendi pienamente,
Carlo, perché non hai mai studiato il Crocifìsso e prendi il Tabernacolo come
qualche cosa di già scontato. Tu stenti a capire perché non sei mai stato
penetrante. Ma vieni, ti condurrò in chiesa. Potrai assistere al canto dei
Vespri e pregare la Luce del mondo a spandere luce sul Suo mondo.
— Cosa pretenderesti di fare?
Che uno che è venuto per burlarsi, resti per pregare?
— Precisamente, Carlo, e vorrei
chiederti di pregare per me. Prega che perseveri sulla via del Re e raggiunga
Cristo.
— E che? Trovi ciò difficile?
— Eh, sì; sto sempre dicendo “Nunc coepi”. “Ora incomincio”; e devo
accettare tutte e due le parole, l'avverbio e il verbo! Ma, Carlo, chiedi a Dio
semplicemente che mi dia forza e coraggio per continuare a dire: “Nunc coepi”
finché non arriverà l'ora di dire: “Nunc dimittis”; perché, se faccio questo, sono
sicuro che il Re sarà soddisfatto del suo camminatore. Su, andiamo. - E uscì
seguito da Carlo.
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